INTERVISTA a MARCO STOLFO: La forza e presenza del friulano nella società e nel territorio

Domande di Diego Corràine

— Per capire quale è la forza e la presenza del friulano nella società e nel territorio, non potevano fare a meno di intervistare Marco Stolfo, studioso, giornalista, scrittore, uno dei grandi protagonisti della rinascita e ufficializzazione del friulano. Grazie a queste qualità e al suo impegno pluriennale, è stato anche direttore del Servizio identità linguistiche, regionali e corregionali all’estero della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Collabora con giornali e radio locali ed è ricercatore all’Università di Torino, dove insegna Storia delle relazioni internazionali e Storia e politiche dell’integrazione europea. Tra i temi affrontati nella sua attività di ricerca figurano anche il riconoscimento e l’esercizio dei diritti linguistici e la tutela delle minoranze in Europa. È autore di numerosi saggi e monografie, tra cui Lingue minoritarie e unità europea. La ‘Carta di Strasburgo’ del 1981 (Milano,2005) Si ses europeu, faedda in sardu. Deghe annos de Lege 482/1999. Sardigna, Itàlia, Europa 2005) ,  (Ghilarza, 2009) e Occitania, Friuli, Europa. La mia lingua suona il rock” (Torino/Udine, 2012/2018).

All’inizio del 2024 è prevista l’uscita del suo nuovo libro dal titoloIl Friuli visto dall’Europa”.

 

Qual è lo stato di salute della lingua friulana, oggi?
Si potrebbe dire che è una “lingua sulle montagne russe”, perché si trova ad essere “sballottata” tra alti e bassi. Ci sono aspetti positivi e prospettive di crescita, ma anche problemi e difficoltà evidenti, per cui finora non sono state trovate soluzioni adeguate ed efficaci. E soprattutto non c’è una continuità.
Cominciamo dagli elementi positivi. In primo luogo è cresciuto lo status della lingua. Il friulano è una lingua e pressoché tutti quanto lo sanno, anche se non hanno sempre ben chiaro che cosa ciò effettivamente voglia dire…

Inoltre il friulano è una lingua che ha una sua grafia ufficiale (che si applica a tutte le sue diverse varietà) e una sua varietà scritta comune di riferimento. Il friulano è anche una lingua che si vede – per esempio in parte significativa della segnaletica e della cartellonistica stradale, talvolta in tv o al cinema – e che si sente. In particolare si sente alla radio: basti pensare all’esperienza ormai ultraquarantennale di Radio Onde Furlane, che dal 1980 è “la radio libare dai furlans” ed è l’emittente che, utilizzandola in modo normale e contemporaneo per fare informazione e intrattenimento, ha avuto un ruolo strategico nel percorso di modernizzazione, di resistenza e di liberazione (quest’ultimo tuttora in corso e tutt’altro che concluso) della lingua stessa. Ed è una lingua usata con risultati interessanti nella musica, nella produzione audiovisiva e nella letteratura.
Però è anche una lingua che ogni anno perde locutori e praticanti, che in pochi sono in grado di leggere e scrivere correttamente, che – nonostante quanto previsto dalla normativa statale e regionale di tutela – è assai poco presente in molti – troppi! – ambiti, a partire dalla pubblica amministrazione, dal settore dell’istruzione e del servizio pubblico radiotelevisivo.
Uno dei problemi più evidenti consiste nella assai limitata trasmissione intergenerazionale. Nonostante l’accresciuto status della lingua e il venir meno di molti pregiudizi, sono molti i genitori e i nonni che si rivolgono a figli e nipoti solo in italiano. Non è un caso che proprio qualche settimana fa sia stata lanciata una campagna promozionale che riguarda questo aspetto.

 

Di recente, sono state condotte indagini sociolinguistiche? Se sì, con quali risultati?
L’indagine sociolinguistica più recente risale al 2014. I suoi risultati sono stati pubblicati tre anni dopo. La rilevazione presenta una fotografia con luci ed ombre. Tra gli elementi positivi rilevati figurano la crescita dello status della lingua, il venir meno dello stigma sociale rappresentato dal suo uso e quello che viene definito “rimbalzo culturale”, cioè il fatto che la lingua friulana viene riscoperta dai più giovani come qualcosa di interessante, moderno e “figo”, grazie soprattutto alla produzione artistica contemporanea “par furlan”.
Dalla stessa indagine emerge anche che la maggior parte della popolazione del Friuli friulanofono dichiara di essere in grado di parlare e comprendere la lingua o quanto meno di averne una conoscenza passiva, di capirla ma di non parlarla. Su un milione circa di persone coloro che parlano e comprendono la lingua friulana sono stimati tra 550mila e 650mila. Ad essi se ne aggiungono almeno altri 250mila in grado solo di comprenderla.
Il tasso di perdita di locutori si aggira attorno all’1% annuo. È più basso rispetto a quello rilevato in studi precedenti, grazie alla dichiarata riscoperta della lingua da parte dei più giovani, che però non avviene in famiglia e neppure a scuola, ma in altri contesti informali, e sulla cui effettività però l’esperienza quotidiana offre prove almeno in parte contrastanti.

 

Quale è la presenza della lingua friulana nell’amministrazione pubblica e nel settore dei servizi sanitari?
Negli usi pubblici del friulano si può cogliere concretamente la generale situazione “altalenante” della lingua, tra fasi espansive e regressive, passi avanti, momenti di crescita, frenate e testacoda…
In questo quadro l’ambito in cui, quanto meno in termini relativi, la lingua è più presente e visibile è quello della segnaletica e della cartellonistica stradale. Soprattutto nei primi anni del nuovo millennio, all’inizio dell’attuazione della Legge statale 482/1999, sono stati realizzati numerosi interventi di questo genere.

 

 

 

 

 

 

Tra i cartelli che segnano l’inizio dei centri abitati, quelli dedicati alla microtoponomastica e all’odonomastica a livello locale e la segnaletica direzionale riguardante le strade provinciali delle ex provincie di Udine e Gorizia, in quegli anni sono stati realizzati interventi coordinati e sostanzialmente coerenti (uso corretto della grafia ufficiale, toponomastica corretta, pari dignità grafica tra le denominazioni e le formule nelle diverse lingue) che hanno assolto tanto alla funzione di promuovere la lingua e il suo status, i nomi propri di città, paesi e località e quindi i diritti linguistici dei cittadini, almeno in questo contesto, quanto quello di “etichettare” il territorio, rendendone visibile la specificità linguistica e culturale.
Negli stessi anni sono stati realizzati interventi anche nella segnaletica istituzionale, tra sedi comunali, provinciali e almeno in parte anche regionali e aziende sanitarie. Proprio nel campo della sanità, in particolare tra il 2003 e il 2009, sono stati realizzate anche interessanti ed efficaci iniziative di comunicazione istituzionale (materiali di informazione sanitaria, campagne di comunicazione a favore della prevenzione degli infortuni sul lavoro oppure dedicati ad altre azioni di prevenzione sanitaria…).

Nel decennio successivo c’è stato un significativo calo sia per quanto attiene alla cartellonistica di vario genere – in questo senso un’azione positiva in controtendenza può essere considerata quella relativa alla segnaletica plurilingue riguardante la linea ferroviaria Udine-Cividale, realizzata nel 2017 – sia nel settore sanitario. Da un po’ di mesi la situazione è migliorata per la segnaletica stradale con la sostituzione sulle strade di competenza regionale di quei cartelli che qualche anno fa erano stati realizzati non correttamente (con incoerenze linguistiche o con il mancato rispetto della pari dignità grafica tra le scritte in italiano e quelle nelle lingue di minoranza), con la copertura di aree – per esempio nel Friuli occidentale – che erano sprovviste di segnaletica bilingue e con la realizzazione di segnali bi- o plurilingui anche per le piste ciclabili, che fino a poco fa erano state inspiegabilmente escluse dall’attuazione della normativa di tutela (una persona molto informata mi aveva spiegato qualche mese fa che in questo caso era stata determinante la posizione personale contraria all’uso del friulano del dirigente responsabile del servizio regionale competente, che a quanto pare da qualche mese è andato in pensione…).


Che cosa ci sai dire sulla formazione e la certificazione linguistica?

Dall’entrata in vigore della legge 482/1999 si realizzano corsi di formazione linguistica per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, curati dall’Università di Udine. Si tratta di un intervento che concorre a promuovere lo status della lingua, diffondendo “scienza e coscienza” tra i funzionari pubblici, incoraggiandone l’uso in uffici, servizi pubblici e sedi istituzionali. Il suo impatto concreto e effettivo, però, è ancora assai limitato, perché in gran parte delle amministrazioni la lingua friulana non è ancora presente, in forma orale e scritta, in modo “normale”, nonostante le previsioni di legge.
Inoltre a tutt’oggi le competenze linguistiche relative al friulano non figurano neppure tra i requisiti aggiuntivi e opzionali per la selezione del personale dei diversi enti territoriali, anche se dovrebbe già essere così.

Qualcosa potrebbe cambiare in meglio per effetto, finalmente, dell’avvio dell’attuazione di quella norma strategica, contenuta nella legge regionale 29/2007, che riguarda la certificazione delle competenze nell’uso della lingua friulana coerentemente con il Quadro comune europeo di riferimento del Consiglio d’Europa.
La lingua friulana, infatti, da qualche settimana ha i suoi primi certificatori ufficialmente certificati, poiché proprio lo scorso 9 ottobre a Udine nella sede dell’Ateneo friulano si è tenuta la cerimonia ufficiale di consegna dell’attestato che certifica il possesso di conoscenze e competenze nell’uso della lingua friulana pari al livello C2 del Quadro comune europeo di riferimento da parte di coloro che hanno frequentato con successo, superando l’esame finale, l’apposito corso di cinquanta ore organizzato un anno fa dal CIRF (Centro interdipartimentale per lo sviluppo della lingua e della cultura del Friuli) dell’Università di Udine con il sostegno finanziario dell’ARLeF.

Puoi mettere a fuoco l’uso della lingua friulana nelle istituzioni?
La legislazione statale e regionale di tutela che riguarda il friulano per un verso incoraggia e per l’altro ostacola il suo uso nelle istituzioni. La legge statale 482/1999, per esempio, come emerge in particolare dai contenuti del suo primo articolo, in molti casi sembra essere più attenta alla tutela della maggioranza dagli effetti della tutela delle minoranze che alle minoranze, alle loro lingue e ai diritti linguistici…

Nei Consigli comunali talvolta c’è chi interviene in friulano, ma ciò avviene assai raramente, sebbene questa possibilità sia prevista in diversi regolamenti d’aula, perché gli stessi interventi dovrebbero essere poi ripetuti in italiano oppure accompagnati da una traduzione scritta. L’utilizzo delle lingue delle minoranze friulana, slovena e tedesca è previsto e garantito (con un servizio di traduzione) nel Consiglio regionale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. La maggior parte dei consiglieri sono friulanofoni, ma si limitano ad usare la lingua friulana nella formula di giuramento a inizio legislatura. Nella precedente legislatura intervenivano talvolta “par furlan” un paio di consiglieri di minoranza; in quella attuale mi pare che lo abbia fatto uno solo (che è uno dei due che lo faceva occasionalmente già prima).
Nella comunicazione ufficiale della Regione il friulano è utilizzato solo raramente. La presenza delle altre lingue della regione amministrativa che comprende la maggior parte del Friuli e la zona di Trieste nei siti web istituzionali è limitata e quasi residuale.
L’unica comunicazione istituzionale in friulano è quella che riguarda il friulano: per esempio la recentissima – e già ricordata – campagna di comunicazione per promuovere l’uso della lingua tra genitori e figli.
Al contrario, può capitare che ci siano iniziative di comunicazione istituzionale e di marketing territoriale promosse direttamente o indirettamente dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, per esempio nel campo enogastronomico, che usano denominazioni “italiane” o “italianizzate” per prodotti friulani (il muset che diventa “musetto”) oppure fanno riferimento a parole friulane ma scritte in maniera errata (il tocj in braide che diventa toc’toç o toc, il tai o taiut che diventa taj o tajut), nonostante l’esistenza di una grafia ufficiale, di un organismo regionale di politica linguistica (l’ARLeF) e di uno Sportello linguistico regionale, collegato direttamente sia con l’Agjenzie che con la Regione…

 

E i privati che fanno? La lingua è usata nella pubblicità, nel marketing, nell’economia?
Sono cresciute sensibilità e consapevolezza circa l’opportunità, l’efficacia e anche la convenienza dell’uso della lingua friulana nella comunicazione istituzionale, promozionale e commerciale. Quell’idea che secondo me si può sintetizzare con al frase “il logos (la lingua) che diventa logo (marchio di qualità)” inizia a farsi strada. Così c’è chi prova a fare pubblicità in friulano con buoni risultati di forma e di sostanza, per esempio su Onde Furlane. E c’è chi sceglie di usare il friulano per la denominazione di prodotti, eventi, negozi e locali pubblici: non sempre dall’idea, buona e giusta, si passa ad un risultato all’altezza e capita anche in questo casi che ci siano errori di grafia, grammatica e sintassi. Basterebbe poco per fare le cose al meglio… Per esempio: chiedere a chi in maniera qualificata opera nel settore dei servizi linguistici e della comunicazione in lingua friulana oppure rivolgersi all’ARLeF, l’organismo regionale di politica linguistica.

E gli sportelli linguistici? Quanti sono? Che attività svolgono? Sono efficaci?
Tra i progetti avviati da diversi Enti territoriali in attuazione della legge 482/1999 figurano gli sportelli linguistici, strutture con operatori in possesso di specifiche competenze linguistiche e professionali la cui attività è finalizzata a sviluppare la comunicazione e l’informazione al cittadino utilizzando la lingua minoritaria, a favorire l’uso sociale della lingua “come lingua” nel territorio, sia nel settore pubblico che in quello privato, e a promuovere la produzione culturale nella lingua e la sua diffusione.
Questa forma di intervento, che nelle intenzioni del Legislatore avrebbe dovuto accompagnare gli Enti territoriali ad accogliere progressivamente e in maniera normale la lingua all’interno della propria azione amministrativa e comunicativa, si è drasticamente ridotta negli ultimi anni, a causa tanto della forte riduzione dei fondi statali – come è stato rilevato anche dai monitoraggi del Comitato consultivo del Consiglio d’Europa circa l’attuazione da parte dell’Italia della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali – quanto del venir meno di quella funzione di coordinamento che era stata assunta dalla Regione tra il 2004 e il 2009. Oggi esiste uno Sportello linguistico regionale unico, collegato con l’ARLeF, per la cui gestione si utilizzano i fondi della legge 482/1999 e che è presente sul territorio con alcuni servizi decentrati, sostituendo così quelli che erano gli sportelli linguistici comunali. Alcuni Comuni della Bassa Friulana, però, continuano ad avere, insieme, un loro Sportello per la lingua friulana, finanziato autonomamente e non con i fondi della legge 482/1999, che svolge attività di comunicazione ma soprattutto di animazione culturale, in stretta connessione con le biblioteche, le scuole e le associazioni del territorio. Anche l’Università di Udine ha un suo Sportello, realizzato con il sostegno dei fondi della legge 482/1999 e incardinato nel CIRF, il Centro interdipartimentale per lo sviluppo della lingua e della cultura del Friuli), di cui gestisce il sito web bilingue https://cirf.uniud.it/ e la pagina Facebook Uniud par Furlan. Il Comune di Udine non ha più lo Sportello per la lingua friulana, ma ha un Ufficio dedicato, che continua a sviluppare alcune attività di comunicazione avviate anni fa dallo Sportello stesso, a partire dalla pagina Facebook Furlan in Comun.

 

E del friulano e la scuola, e del friulano nella scuola che cosa puoi dire?
La presenza del friulano nelle scuole è ancora precaria, tendenzialmente “sperimentale” e tutt’altro che garantita, sebbene l’obiettivo dichiarato dalla Legge 482/1999 – quanto meno nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado – sia proprio quello dell’insegnamento, dell’apprendimento e dell’uso delle lingue ammesse a tutela e nonostante la messa a disposizione da parte della Regione, la cui normativa si fa in teoria più stringente con la L.R. 29/2007, di contributi specifici a favore delle istituzioni scolastiche.
Ciò dipende almeno in parte dal fatto che la scuola, in una terra di confine e multilingue come il Friuli, per oltre un secolo ha perseguito la finalità di promuovere la conoscenza e l’uso della sola lingua italiana (stigmatizzando in maniera più o meno esplicita in particolare l’utilizzo del friulano e dello sloveno) e pertanto il suo personale e le sue strutture mostrano una certa difficoltà a mutare approccio. In parte è altresì dipendente dai contenuti delle stesse norme statali, a partire dai frequenti riferimenti, nel testo della Legge 482/1999alle «culture» e alle «tradizioni culturali», che di per sé allontanano qualsiasi possibilità di didattica “della lingua” e “nella lingua”, oppure dalla «sperimentazione», alla quale si riferisce l’articolo 2 del D.P.R. 345/2001. Essa avrebbe dovuto avere «durata massima di tre anni», dopo i quali l’attività di insegnamento evidentemente avrebbe dovuto entrare a regime, ma non è stato così.
Questo problema è stato rilevato anche in occasione dei monitoraggi effettuati dal Comitato di esperti del Consiglio d’Europa volti a verificare il livello di attuazione della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali.
Lo stesso meccanismo di “insegnamento a richiesta” (simile a quello della religione), previsto dalla Legge 482/1999, offre in questo senso un significativo contributo negativo, non solo in sé – perché così la presenza della lingua friulana nell’offerta formativa sembra avere una rilevanza secondaria e parziale oppure si trasforma in una “questione di fede” – ma anche perché la modalità opzionale offre a chi in quelle istituzioni scolastiche è intenzionato ad ostacolare l’ingresso del friulano in aula l’alibi dei problemi organizzativi.
Dai primi anni del Duemila ad oggi, infatti, sono stati segnalati in più occasioni (ed è probabile che si tratti solo della punta dell’iceberg) i tentativi messi in atto da insegnanti e dirigenti scolastici per indurre le famiglie a non esprimere la scelta a favore dell’insegnamento della lingua friulana per i loro figli al momento dell’iscrizione a scuola, adducendo discutibili e infondate motivazioni tanto di merito («il friulano toglie ore di insegnamento ad altre materie»; «il friulano non serve, meglio l’inglese») quanto di metodo («l’insegnamento del friulano comporta complicazioni organizzative»).
Nelle scuole secondarie di secondo grado la presenza del friulano è ancor più limitata, non essendo in alcun mondo garantita per legge, e si concretizza solo in qualche sporadico progetto sperimentale, normalmente di buona qualità. Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado si sperimentano anche attività di CLIL (cioè di insegnamento integrato di lingua e contenuti) con risultati interessanti per gli insegnanti e gli studenti coinvolti ma con un impatto limitato sulla presenza e diffusione della lingua nella società.

 

E all’Università?
All’università la lingua e la letteratura friulane sono già da tempo oggetto di insegnamento (in italiano) a Udine e a Trieste. Dal 1995 l’Università di Udine dispone di una struttura specifica, il CIRF (originariamente Centro interdipartimentale di ricerca sulla lingua e la cultura del Friuli, diventato più di recente Centro interdipartimentale per lo sviluppo della lingua e della cultura del Friuli), e ha promosso diverse iniziative di ricerca, di didattica e di formazione linguistica, dai già ricordati corsi di lingua friulana per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni a quelli per gli studenti, che però non hanno nessun legame diretto con i programmi dei corsi di laurea. Una ventina d’anni fa erano stati organizzati percorsi formativi-professionali “nella lingua”, quali i moduli per giornalisti, traduttori, lessicologi ed insegnanti, e tra il 2004 e il 2009, insieme a Consorzio universitario del Friuli, Regione, Ufficio scolastico regionale e in collaborazione con l’ARLeF, l’Università di Udine aveva organizzato un Corso di 400 ore di formazione e aggiornamento per insegnanti “di” e “in” lingua minoritaria (friulano, sloveno e tedesco) e un Corso di aggiornamento per insegnanti/Master di II livello Insegnâ in lenghe furlane, di 800 ore.
A parte questi casi, quelli di formazione linguistica per i dipendenti delle pubbliche ammiinistrazioni, quelli opzionali di lingua e cultura friulane per giovani e studenti ed il recente corso che ha portato al riconoscimento delle prime certificazioni linguistiche C2, non sono previsti corsi o seminari in lingua friulana.

E il ruolo e l’azione della Chiesa? Le pubblicazioni religiose e l’editoria religiosa in friulano sono abbondanti?
Quando si parla di Chiesa e lingua friulana è necessario distinguere tra “Chiesa di base”, che trova la sua espressione principale nell’associazione Glesie Furlane (https://www.glesiefurlane.org/), che unisce sacerdoti e laici ed è molto attiva nel campo dell’editoria e nella rivendicazione riguardante l’uso del friulano nella liturgia, e “Chiesa istituzione”, cioè i vertici delle tre Diocesi di Udine, Gorizia e Concordia-Pordenone, che mostrano un’attenzione, una sensibilità e un attivismo nei confronti di questo tema che variano nel tempo (tra periodi di convergenza con la “Chiesa di base” e altri di indifferenza o lontananza) e si distinguono nello spazio (tra una Diocesi e l’altra). In qualche parrocchia viene celebrata, anche con una certa continuità, la messa in friulano.

Una questione-chiave è quella del Messale in friulano, che esiste da anni, proprio grazie all’attività di traduzione e elaborazione testuale realizzata proprio dai sacerdoti impegnati in Glesie Furlane, ma non è stato ancora riconosciuto ufficialmente dalla CEI. Anni fa questa posizione sembrava essere motivata dal fatto che mancasse la versione aggiornata corrispondente in italiano. Adesso quel problema parte superato, ma proprio qualche giorno fa ad Assisi la CEI ha affrontato nuovamente la questione e ha nuovamente bocciato il «Messâl par furlan», poiché i voti favorevoli non hanno raggiunto la maggioranza qualficata prevista.

 

E il friulano e i media, il friulano nei media: stampa, radio e tv?
La presenza della lingua friulana nei media è cresciuta, in termini quantitativi e qualitativi, ma ciò si è verificato solo in parte per effetto dell’attuazione della legislazione di tutela. In questo ambito è opportuno distinguere tra media in lingua friulana (o prevalentemente in lingua friulana) e media in italiano in cui figurano anche articoli, pagine, rubriche o programmi in lingua friulana. Alla prima categoria appartengono l’emittente radiofonica Radio Onde Furlane (https://radioondefurlane.eu/) che dal 1980 propone informazione e intrattenimento in friulano per almeno il 70% della sua programmazione e lo storico mensile monolingue di informazione La Patrie dal Friûl. (www.lapatriedalfriul.org).
La radio, sin dalla sua fondazione, è stata sempre «più che una radio»: un laboratorio di creatività e un centro di aggregazione e di promozione culturale che ha influito in maniera significativa e positiva, pur in condizioni tutt’altro che favorevoli, sul corpus e sullo status della lingua, non solo con l’attività radiofonica, ma anche con produzioni audiovisive, editoriali e musicali, progetti televisivi e multimediali e iniziative di linguistica applicata, che sono state successivamente sviluppate. Negli ultimi anni Onde Furlane ha consolidato la propria posizione, allargando il proprio pubblico non solo in Friuli ma anche altrove, grazie anche al potenziamento del proprio segnale analogico e soprattutto alla sua presenza in internet (ambito in cui aveva iniziato ad essere presente già alla fine del secolo scorso, anche con un sistema di streaming calibrato su fusi orari differenti anche a vantaggio dei friulani emigrati nel resto del mondo). È presente in maniera significativa in rete anche il mensile La Patrie dal Friûl, al quale corrisponde anche quella che è la pagina Facebook in lingua friulana più seguita.

Tra i media in lingua friulana va ricordato anche il settimanale di informazione La vôs dai furlans, pubblicato con il sostegno finanziario dell’ARLeF, che poco più di un anno fa in qualche modo ha raccolto l’eredità del periodico freepress Il Diari, nato nel 2005 come mensile e poi diventato quindicinale nel 2009 per poi diventare, sino alla sua chiusura nel 2013, una testata on line. Nella medesima categoria rientrano altri progetti editoriali, nati anch’essi anni fa con il sostegno della Regione o dell’ARLeF, ma già da tempo cessati per mancanza di fondi, come la rivista per ragazzi Alc&Cè, distribuita periodicamente nelle scuole e come allegato del settimanale diocesano  La Vita Cattolica.
Contenuti in lingua friulana sono altresì disponibili, seppure in quantità molto limitata, anche nei mezzi di comunicazione in italiano. Sul principale quotidiano regionale, il Messaggero Veneto, compaiono settimanalmente un paio di piccole rubriche “par furlan”, mentre nulla del genere accade né su Il Piccolo, quotidiano triestino diffuso anche nel Friuli orientale e in parte della Bassa friulana, né su Il Gazzettino, quotidiano veneziano distribuito in Friuli con pagine dedicate al territorio. Contenuti in friulano si trovano invece talvolta nel settimanale Il Friuli e in periodici come Friuli nel Mondo, il foglio della principale associazione degli emigranti friulani, e nei media della Diocesi di Udine (Radio Spazio 103, con alcuni programmi, e il già ricordato settimanale  La Vita Cattolica, con la Pagjine Furlane) e nel settimanale della Diocesi di Gorizia,Voce Isontina, mentre sono del tutto assenti dai media della Diocesi di Concordia-Pordenone.
La lingua friulana è pressoché assente anche dalle emittenti televisive locali private, tranne nel caso di programmi sostenuti da finanziamenti pubblici, come il format per bambini Maman su Telefriuli, ed è presente con proposte anche interessanti e di qualità nella programmazione regionale radiofonica e televisiva della Rai, ma in maniera assai limitata, al di sotto della soglia minima di quanto previsto dalla Legge 482/1999 e dal suo regolamento di attuazione, e senza quelle strutture organizzative e redazionali che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo garantisce per altre minoranze linguistiche. Basti pensare al fatto che i programmi in friulano sono gestiti dalla struttura che si occupa dei programmi in italiano: è un po’ come se la confezione e la vendita del tofu fossero affidati ad una macelleria…
Lo sviluppo di internet e in particolare dei social media è stato accompagnato da una crescita dell’uso e della visibilità della lingua friulana in questo contesto, non solo con iniziative istituzionali o del mondo associativo ma anche per effetto di azioni spontanee e individuali, dai blog alle pagine e ai gruppi Facebook. Proprio pochi giorni fa è stata lanciata in rete una webradio commerciale “par furlan”, che si chiama Radio Snait.


E l’editoria libraria?
Non esiste una editoria “solo” in friulano, ad eccezione delle cooperative Serling, che è specializzata in materiali di linguistica e linguistica applicata, e Informazione Friulana, la società editrice di Radio Onde Furlane, che opera anche in altri settori accanto a quello radiofonico, realizzando libri e dischi, e dell’associazione Patrie dal Friûl, che accanto al mensile, alla pagina Facebook e al sito web già ricordati pubblica anche monografie e volumi collettanei. Ci sono case editrici che pubblicano “anche” in friulano, a partire dalla KappaVu, nel cui catalogo da oltre trent’anni si registra la maggior incidenza di libri “par furlan”, dalla narrativa alla poesia e alla saggistica sino al materiale didattico e ai progetti editoriali per bambini e ragazzi.

E ci sono le associazioni impegnate in campo culturale, che pubblicano in friulano oppure anche in italiano sul Friuli e sulla lingua e la cultura friulane, come la ultrasecolare Società filologica friulana, la già ricordata Glesie Furlane,l’Istitût Ladin-Furlan “Pre Checo Placerean”La Grame, i Colonos e la Societât Sientifiche e Tecnologjiche Furlane (SSeTF).

 

La produzione letteraria (narrativa e poesia) e quella artistica (musica, cinema e teatro)?
In friulano si scrive e si legge: poesia, narrativa e saggistica. Ci sono premi letterari, collane editoriali e diversi autori piuttosto ispirati e prolifici, in grado di usare la lingua friulana come un codice contemporaneo e fortemente evocativo e comunicativo. Nel campo della narrativa spiccano i nomi di Stiefin Morat, Gianluca Franco e Raffaele Serafini, che nel 2023 ha dato alle stampe con KappaVu il suo nuovo romanzo in friulano, Zaraton, ed è uno degli animatori di Contecurte, l’osteria letteraria virtuale che su internet promuove la scrittura creativa in lingua friulana, in particolare nel formato del racconto breve.

Loris Vescovo

In friulano si continua anche a cantare e suonare. Rispetto a qualche anno fa c’è meno quantità, ma resta – e se è possibile è ancor cresciuta – la qualità: si va dalle diverse espressioni della canzone d’autore rappresentate, per esempio, da Lino Straulino, Loris Vescovo, Devid Strussiat, Massimo Silverio e dal progetto femminile-femminista Urtie sino alla band metal Unviar, passando per l’hip hop, l’elettronica, l’indie-rock e la sperimentazione. Nel 2023 sono tornati sulla scena, registrando un apprezzato disco dal vivo, Trente, anche gli FLK, pionieri a inizio anni Novanta di quella che ancora oggi è chiamata “gnove musiche furlane” (nuova musica friulana).
Si mantiene su buoni livelli anche la produzione audiovisiva e cinematografica in lingua friulana, tra fiction e documentari, con registi ispirati come Stefano Giacomuzzi, Massimo Garlatti-Costa e Marco D’Agostini. Cresce la produzione teatrale, che da qualche anno può contare su una nuova struttura organizzativa e produttiva, il Teatri Stabil Furlan, accanto ad una serie di compagnie che aderiscono all’Associazione teatrale friulana.

Stefano Giacomuzzi

E le Traduzioni in friulano e dal friulano: ci sono canali di finanziamento specifici?
La traduzione in friulano e dal friulano rientra, tanto dal punto di vista operativo quanto con riferimento alle fonti di finanziamento, nel quadro delle attività editoriali e nell’ambito del teatro.
Non esistono canali di finanziamento specifici, ma ciò non significa che l’organismo regionale di politica linguistica non sostenga o non possa sostenere iniziative di traduzione più strutturate.


Qual è l’atteggiamento prevalente nei confronti della lingua standard scritta?
La grafia ufficiale della lingua friulana esiste per legge da quasi trent’anni e si applica tanto ad una varietà standard scritta di riferimento quanto a tutte le diverse varietà. L’una e l’altra sono il prodotto di un lungo percorso e rappresentano, come avviene per qualsiasi lingua, delle convenzioni.

Ovviamente chi conosce la grafia e la lingua standard scritta utilizza entrambe senza problemi. Più in generale, l’atteggiamento prevalente è positivo: chi tiene alla lingua friulana (e al diritto di conoscerla ed usarla) è consapevole che disporre di una grafia ufficiale adatta per tutte le varietà e di una varietà standard scritta di riferimento è fondamentale per poter usare, conoscere, insegnare, diffondere e promuovere la lingua stessa.
Chi è ostile alla grafia, alla varietà standard scritta o ad entrambe lo è talvolta per ragioni di non conoscenza, ma soprattutto a causa di pregiudizi ingiustificati (infatti non è vero che la varietà comune “ammazza” le singole varietà locali, le quali sono invece minacciate nel lessico e nelle peculiarità morfologiche e fonologiche dalla forza della lingua dominante). Alla base di quei pregiudizi ce n’è uno ancora più pesante e profondo, che spesso è presente e radicato in maniera inconsapevole: si tratta di una effettiva ostilità nei confronti della lingua friulana e del fatto che possa essere utilizzata come lingua “normale” e “moderna”.